Cento
21 Febbraio 2019
Dichiarato inammissibile il ricorso in Cassazione per Veissel. Accolto quello di Grumeza per l'eventuale applicazione delle attenuanti generiche

Definitivi i 30 anni per uno degli assassini di Cloe Govoni

di Daniele Oppo | 3 min

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È la decisione della Corte di Cassazione sull’omicidio di Cloe Govoni, la pensionata 84enne di Renazzo, picchiata senza pietà durante una rapina nella propria abitazione, in cui fu violentemente malmenata anche la cognata 53enne, Maria Humeniuc (parte civile, come la famiglia Govoni, tramite l’avvocato Salvatore Mirabile).

“Speravamo in valutazioni differenti – afferma l’avvocato Fabio Chiarini, difensore di Veissel, all’arrivo della decisione dei supremi giudici, poco prima delle 23,30 di martedì 20 febbraio -. Restano tutti i dubbi da sempre rappresentanti e anche oggi sostenuti, dall’orario della rapina, alle suole prive di sangue”.

Veissel e Grumeza (difeso dall’avvocato Milena Catozzi) vennero condannati a 30 anni di reclusione in primo grado nel dicembre 2016 – con il giudice che li descrisse come “impermeabili alla pietà” -,  sentenza poi confermata in toto anche in appello nel gennaio del 2018.

Il 6 novembre del 2015 i due entrarono in casa della signora Govoni per realizzare un furto, ma una volta davanti alle due donne scatenarono la loro furia ferendo l’anziana pensionata in modo letale e (morì dopo cinque giorni di agonia in ospedale) e provocando gravi lesioni alla cognata. Il tutto per procurarsi un bottino da 90 euro e un pugno di preziosi.

Durante tutto il procedimento Veissel e Grumeza si sono rimpallati le responsabilità per l’omicidio dell’anziana e il tentato omicidio della Humeniuc. Grumeza tentò anche di chiedere scusa. Veissel sostenne di non essere neppure entrato in casa.

I due, dopo un appostamento effettuato con un’Audi A6 beige dal tetto arancione (che diverrà la prima prova per incastrali) videro che la casa era abitata da un’anziana e, avendo notato la presenza di un allarme, pensarono di trovarvi cose di valore, decidendo così di entrare in azione la mattina del 6 novembre. Entrarono nell’abitazione approfittando di una porta aperta che dava sulla cucina. Qui incapparono in Maria e, letteralmente, la abbatterono: prima Veissel con due o tre pugni al volto, poi Grumeza che la vide rialzarsi e la sentì lamentarsi, provando a zittirla definitivamente con un altro pugno (o un calcio, a seconda delle versioni). Poi si recarono al piano di sopra, dove c’era la signora Govoni. Uno dei due – non è chiaro chi – si accanì su di lei, lasciandola stesa al suolo col cranio fracassato e, forse, anche calpestandola.

Fu la Humeniuc, raccogliendo le pochissime forze rimaste, a chiama il 112, dicendo “mi hanno picchiato”. All’arrivo dei sanitari e dei militari riuscì solo a dire “i ladri, i ladri”. Da lì le ricerche che portarono i carabinieri a individuare i due autori e assicurarli alla giustizia.

La storia che provocò al tempo molte reazioni politiche sul tema della sicurezza e alla comunità centese arrivò anche il cordoglio e il sostegno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, nella sua breve visita ferrarese, ebbe un colloquio a parte con l’allora sindaco Piero Lodi. Il Comune si costituì anche parte civile nel processo.

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